Un mese fa mi trovavo al check-in dell’aeroporto di Lamezia Terme, ansioso di partire per un luogo magnifico, in viaggio di nozze con la mia amata Dani e si sentiva un gruppo di giovani e meno giovani che abbracciati cantavano “Che il Mediterraneo sia”, una canzone di Eugenio Bennato. Canzone a me molto nota visti i diversi concerti a cui spesso assisto nelle zone della Locride. La cosa strana, però, era che, appena arrivato all’aeroporto, c’era un altro gruppo di ragazzi che cantava la stessa canzone. Non erano però gli stessi e si notava subito dal diverso accento.
Io intanto, ero preso dal mio sogno che si stava per realizzare, mi gustavo il mare delle Canarie, la spiaggia con la sabbia fine, le palme, l’acqua limpida e le 3 settimane di relax totale.
Ma ad un tratto mi ricomposi, si sentii un unico gruppo che in coro, come se cantassero tutti insieme da una vita, intonavano lo stesso ritornello di Bennato. I due gruppi si erano uniti. Ragazzi Padani e ragazzi Calabresi. A quel punto realizzai cosa stava accadendo. Mi ricordai di aver visto al TG tempo fa un servizio che parlava di incontri NORD-SUD per RICUCIRE L’ITALIA. Ecco! Questo stava accadendo!
In pratica si proponeva ai Padani (naturalmente quelli nativi) di far conoscere i luoghi del Sud, le loro bellezze, i prodotti tipici e la calda accoglienza dei meridionali. Luoghi che se fossero pubblicizzati come le “mie” Canarie, non avrebbero nulla da invidiare ai miei sogni. Io stesso vivevo in un sogno che si chiamava Calabria e non lo sapevo, non lo valorizzavo. Venivano proposti viaggi con treni ed aerei a tariffe ridotte nei fine settimana. Un’iniziativa che favoriva (in proporzioni minime) anche il turismo e l’economia del Sud. Una proposta nata contro una Lega secessionista e plagiatrice.
Nel servizio si parlava di treni diretti MILANO-NAPOLI e VENEZIA-BARI senza soste, ma anche di voli TORINO-LAMEZIA TERME, VENEZIA-REGGIO CALABRIA e MILANO-PALERMO.

Questo era solo e semplicemente un sogno, anche perché io non sono ancora sposato e non sono mai andato alle Canarie, ma spero che questo sogno si realizzi al più presto con tutti i dettagli che vi ho appena raccontato.
I sogni si realizzano solo se c’è l’impegno di volerli realizzare.
Iniziamo a fare qualcosa di concreto e finiamola di parlare e basta.
Ricuciamo l’Italia con le proposte e coi fatti !!!

LEGALITA’ E SICUREZZA: LE PRINCIPALI INFRASTRUTTURE PER UN VERO SVILUPPO DEL MEZZOGIORNO”

ROSARNO (RC), Venerdì 15 Ottobre 2010

“Un momento di alto confronto e di dibattito su argomenti particolarmente interessanti e di grande rilevanza per la nostra regione e soprattutto per le nuove generazioni”.

Il coordinatore regionale dei Giovani Udc, Giuseppe Idà, commenta così quella che è l’iniziativa programmata per venerdì 15 ottobre prossimo.

Alle ore 15, presso il liceo scientifico di Rosarno (Reggio Calabria), il leader dell’Unione di centro e già presidente della Camera dei deputati, Pier Ferdinando Casini, incontrerà, infatti, i giovani calabresi.

“Legalità e sicurezza: le principali infrastrutture per un vero sviluppo del Mezzogiorno”: è il tema al centro del dibattito.

“L’incontro dell’On. Casini, con le ragazze ed i ragazzi calabresi, non a caso, avverrà a Rosarno” –spiega Giuseppe Idà.

“Abbiamo inteso scegliere un luogo simbolo di quella Calabria che vuole e che deve reagire; una città, suo malgrado, spesso oppressa dalla criminalità organizzata e persino immolata alle cronache nazionali che non hanno perso tempo, in passato, ad etichettarla con epiteti negativi e fin troppo ingenerosi verso la storia di un popolo orgoglioso della propria terra ed estremo difensore dei valori della legalità e della giustizia. Il popolo di Rosarno, così’ come il popolo calabrese tutto, è stanco di vedersi descritto sempre e comunque e con atteggiamenti generalizzanti, come incapace di reagire al malaffare: oggi c’è una crescente ricerca e voglia di riscatto che non può non partire dalle nuove generazioni e, in tal senso, serve comprendere che il vero sviluppo della Calabria passa, per prima cosa, dalla legalità e dalla sicurezza. Sono queste due le “infrastrutture” da garantire, a tutti i costi – le conclusioni di Idà – ed in modo prioritario”.

Per l’evento di venerdì prossimo, tenendo conto e per far fronte alle migliaia di richieste di partecipazione pervenute da ogni parte della regione, saranno allestiti dei servizi navetta che, dalle varie province, porteranno, a Rosarno, i protagonisti della nuova Calabria: i giovani.

Giovanni FOLINO

Responsabile Comunicazione GIOVANI UDC CALABRIA

udcgiovani.calabria@libero.it

Quale giustizia possibile? Questa è una delle tante domande che rimbombano tra le menti frastornate degli italiani, troppo intontite da slogan e attacchi quotidiani a chicchessia.

Da ormai molti mesi, per non dire da molti molti anni, il tema della riforma della giustizia è una priorità nell’agenda governativa. Il problema principale però è che nonostante le infinite discussioni non si riesce a capire quale giustizia sia possibile.

Non credo il problema riguardi l’etimologia del termine o il suo senso più alto, il nodo invece rimane sempre sull’uso che se ne fa della giustizia.

Ultimamente la discussione politica è stata improntata allo smantellamento dell’attuale sistema giudiziario per porre le basi alla riedificazione di un sistema nuovo e possibilmente migliore. Nelle intenzioni nulla da eccepire. Ma si sa che tra le intenzioni, ritenute buone, e l’azione passa inevitabilmente la mente dell’uomo.

Il corpo giudiziario è composto da uomini che per definizione possono commettere degli errori, hanno dei desideri, vogliono crescere professionalmente, e che purtroppo qualche volta non hanno scrupoli ad abusare di ciò che hanno per le mani pur di farsi un po’ di pubblicità. Ne sono prove inequivocabili molti degli innumerevoli processi che negli ultimi 20 anni hanno colpito il mondo politico e non solo. Le assoluzioni piene arrivate spesso troppo tardi hanno però dimostrato la buona fede degli imputati, e la cattiva fede di qualche magistrato che pur di un titolo sul giornale era disposto a ergersi, e lo fa tuttora, a bandiera del giustizialismo, la peggiore degenerazione della giustizia.

Per ovviare a questo e per salvaguardare il buon nome dell’Italia anche e soprattutto all’estero, negli ultimi tempi ritorna sempre più insistentemente il cosiddetto lodo Alfano. È chiaro che, come affermato dallo stesso Casini poco tempo fa, lo scudo per le più alte cariche dello stato è un elemento imprescindibile oggi per impedire l’ingerenza in politica di un potere diverso da quello esecutivo o legislativo, ed è chiaro che chi in un preciso momento rappresenta l’Italia nella comunità internazionale non deve essere turbato da problemi giudiziari spesso ingigantiti o montati ad hoc. Ma in una democrazia “matura”, come vorrebbe essere la nostra, l’imposizione di un codice etico in politica dovrebbe elidere la possibilità di utilizzo dello stesso.

Troppo spesso il problema si cerca di risolverlo a valle, mentre si dovrebbe andare sempre più alla radice. La necessità di un “lodo costituzionale” nasce dal fatto che guardando la composizione del parlamento una gran parte si è macchiata di reati, piccoli o grandi che siano, ma pur sempre reati. Questo si ovvierebbe a monte impedendo che chi è sottoposto a procedimenti giudiziari non possa essere candidabile. Ma questo purtroppo non è.

E perciò ormai troppo spesso si utilizza la politica come scudo per evitare di essere processati, adducendo ancor più spesso, motivazioni ridicole di fronte all’opinione pubblica volontariamente inerte a queste affermazioni.

Se delle intercettazioni sono realmente irrilevanti, perché non dare l’autorizzazione all’utilizzo da parte della magistratura? Se tutti i processi intentati sono solo bolle di sapone, perché allora non affrontare tutti i gradi di giudizio per arrivare finalmente ad una sentenza definitiva?

Troppo comodo bloccare la magistratura attendendo che scadano i tempi della prescrizione. Troppo comodo additare la magistratura come di parte. È vero, si riscontra una ideologia prevalente in certi ambiti, ma è pur sempre vero che se non si ha commesso nessun reato tutte le azioni intentate si risolveranno in una assoluzione piena.

Ma la realtà è che forse qualche scheletro nell’armadio lo si trova, e proprio grazie a questo risulta più facile a chi controlla mezzi di informazione o dall’altro lato a qualche magistrato troppo “furbo” montare un caso pur di screditare agli occhi dell’elettorato questo o quel politico. L’attività ignobile del dossieraggio ne è solo l’ultimo mezzo. L’utilizzo ormai dilagante del “metodo Boffo” ne è l’ultima conseguenza.

Per questo oggi la riforma della giustizia è imperativa. Bisogna riuscire a coniugare una riforma che garantisce al cittadino che si trova davanti ad un giudice di non invecchiare con questa spada di Damocle del processo, bisogna, dall’altro lato, separare le carriere di pubblici ministeri e giudici, ed impedire ad entrambi di farsi pubblicità sfruttando le indagini magari a carico di un cittadino illustre. A chi ha un procedimento in corso deve essere garantita la privacy, deve essere garantita la possibilità si svolgere serenamente il proprio lavoro fino a che la giustizia non abbia accertato la colpevolezza o l’innocenza del cittadino indagato. Ma ancor di più devono essere rispettati i principi fondamentali che la giustizia impone, quelli della certezza della pena e soprattutto dell’uguaglianza di fronte alla legge.

E proprio sull’uguaglianza che oggi la classe politica deve riflettere. L’uguaglianza impone una moralità di base imprescindibile per chi fa politica. Chi persegue il bene comune non può e non deve perseguirne il proprio. Perseguendo il bene comune non si commettono quegli errori che purtroppo oggi sono all’ordine del giorno. Non si vendono o comprano case, non si fanno “massaggi” in cambio di appalti, ma soprattutto non si utilizza la politica come mezzo per difendersi dal giudizio della legge e non si offende pubblicamente e quotidianamente la nazione impunemente, specialmente se si è un ministro della Repubblica.

Ancora una volta la politica deve interrogarsi sul motto ciceroniano “bisogna essere schiavi delle leggi per essere veramente liberi”. Libertà e giustizia sono sempre più un binomio inscindibile legato a doppio filo con la maturità della democrazia in cui si vive. Solo quando riusciremo ad essere una democrazia matura avremo una giustizia efficiente e solo quando avremo una giustizia efficiente potremo essere una democrazia matura.

Questo 2013 non mi è nuovo!
Data ultima voluta insistentemente dal Premier Silvio Berlusconi per la fine dei lavori della SA-RC.
In un articolo* pubblicato tempo fa, il mio amico Massimo, anticipando i tempi, cercava di tener pronto un articolo sull’inaugurazione dell’autostrada Salerno-Reggio Calabria, poi demotivato dal dibattito in atto tra il Presidente dell’ANAS Pietro Ciucci e le dichiarazioni di alcuni esperti, raccontati da Gianfrancesco Turano.
Oggi, se un “personaggio” venuto da chissà dove e messo in contatto con la nostra ambasciatrice degli Affari Spaziali, l’astrofisica malese Mazlan Othman, avesse ascoltato il discorso del Premier Italiano direbbe che è un uomo di buoni propositi e che ispira fiducia e credibilità. Peccato che questo “personaggio extraterrestre” sia venuto soltanto oggi e non 16 anni fa, quando lo stesso Silvio propagandava le stesse cose, con la stessa faccia d’angelo di oggi, stessi propositi e stessa credibilità. Peccato pure che questo “personaggio” non sappia che oggi stesso, in Commissione, sono stati bocciati proprio quei fondi destinati alla Salerno-Reggio Calabria ed alla Statale Ionica **.
Se quel “personaggio” avesse intenzione di stabilirsi qui in Italia, allora gli darei prima qualche consiglio.
Al Nord per te è sconsigliatissimo per un semplice ragionamento: gli extracomunitari non sono ben accetti (in particolar modo dai leghisti), figuriamoci un extraterrestre.
Al Centro te lo consiglierei volentieri anche se ho sentito qualcuno in questi giorni che diceva “Sono Porci Questi Romani” ma, vista la sua fama, quest’individuo che fa queste sparate non è molto credibile.
Per quanto riguarda il Sud devo prima dirti i pro e i contro, poi decidi tu stesso. Cucina mediterranea buonissima, granite al pistacchio ed alla mandorla tostata squisite, luoghi magnifici da visitare e mare limpido (quando qualcuno non lo inquina), gente accogliente che ancora crede in certi valori e tradizioni … però ci sono anche i contro, infrastrutture incomplete (come avrai già capito con la Salerno-Reggio Calabria e la nuova SS106) o incompiute (come la Bovalino-Bagnara), ferrovie da terzo mondo (quello, il terzo mondo, poi te lo spiego un altro momento con calma), porto di Gioia Tauro che non decolla come potrebbe, ipotetica infrastruttura invidiabile dall’intera Europa ma che adesso trova concorrenza anche con Porto Said in Egitto (come mostrato anche nell’inchiesta di Ballarò martedì 28 settembre scorso). Tutte queste opere necessarie per sviluppare questo Sud. Naturalmente ci sono anche altri contro: disoccupazione, rifiuti, mafie e non solo.
Ora, pensandoci bene, caro “personaggio extraterrestre” mi viene da farti una domanda: “Ma tu, riusciresti a migliorare un po’ le cose al Sud Italia? Perché qui sulla Terra ancora nessuno ci è riuscito … tante parole, tante promesse, ma niente fatti!”

http://www.pierferdinandocasini.it/2010/04/16/a3-espresso-vs-ciucci-dati-e-scadenze-lavori-ma-lo-sviluppo-rimane-un-sogno/

** http://ilquotidianodellacalabria.ilsole24ore.com/it/calabria/reggio_autostrada_a3_2013_fine_lavori_completamento_silvio_berlusconi_montecitorio_5469.html

La segnalazione del padre di una studentessa che frequenta una scuola superiore di Lamezia Terme pubblicata su il Quotidiano della Calabria.

LAMEZIA TERME –Da sempre si sostiene che l’educazione alla legalità deve partire dalla famiglia e dalla scuola. In occasione della bellissima manifestazione “No ‘ndrangheta”, svoltasi a Reggio Calabria il sabato 25, ho chiesto a mia figlia (che frequenta una classe di un liceo di Lamezia Terme), come hanno affrontato l’argomento nella sua classe. Sono rimasto sconcertato nell’apprendere che a scuola non avevano minimamente parlato di questo evento o di argomentazioni connesse, né quel giorno, né nei giorni precedenti. Viviamo a Lamezia Terme, dove il fenomeno ‘ndrangheta e l’illegalità in genere si respira nell’aria e trovo a dir poco scandaloso che in un scuola pubblica della nostra regione non si parla di ciò, nemmeno in occasione di un evento che vorrebbe  rappresentare una piccola svolta in positivo nella cultura dell’omertà radicata in questa terra e, ahimè, anche nei nostri giovani. Riprendendo le parole di coloro che sono morti per combattere le mafie, vorrei che giungesse a chi ha il dovere morale ed istituzionale il seguente messaggio: l’indifferenza è uno dei fattori che favorisce l’attecchimento della criminalità e di tutto ciò che l’alimenta. Ebbene: il non parlarne a scuola rappresenta quanto meno indifferenza. Con questo non voglio entrare nel merito del programma d’insegnamento o avere la pretesa che la cultura dell’antimafia rientri in tale ambito (anche se non sarebbe sbagliato), ma mi piacerebbe che almeno in occasione di una mobilitazione generale, la scuola dovrebbe partecipare, se non fisicamente, almeno dedicando 15 minuti all’argomento nelle classi

Risposta del quotidiano: “E’vero in molte scuole non si è parlato della manifestazione e di ‘ndrangheta, ma è altrettanto vero che tante altre scuole erano presenti a Reggio e che in altre ancora, in classe, si è discusso del problema mafia. Purtroppo spesso ci si deve affidare alla sensibilità degli insegnanti, che per fortuna in Calabria non sono tutti uguali.”

Anche noi pensiamo che in tante scuole si approfondiscono discussioni sulla piaga della ‘ndrangheta e che non tutti gli insegnati sono uguali, ma è altrettanto vero che in alcune scuole questa sensibilità manca. Il contesto storico-sociale nel quale la scuola italiana e in particolare quella calabrese si trova attualmente ad operare, richiede da parte di tutti gli operatori scolastici una sempre più rigorosa e puntuale attenzione per alcuni aspetti assai preoccupanti delle vicende nazionali, che sembrano registrare una obiettiva diminuzione della consapevolezza del valore della legalità. Pertanto, la responsabilità, che la scuola si è sempre assunta, di educare i giovani alla società assume oggi aspetti di particolare coinvolgimento e va concretizzata in un rafforzamento dell’educazione alla legalità.

Serve una sensibilità particolare su questi temi nelle scuole e un progetto valido per incentivare ed educare i ragazzi al lavoro ed alla legalità. Tutto questo per formare le coscienze e anche creare sviluppo. La ‘ndrangheta si nutre del bisogno. I nostri ragazzi al contrario devono nutrirsi di cultura ed educazione.

Il cancro delle mafie. L’inadeguatezza delle classi dirigenti. Il dissesto ambientale. La disoccupazione, il lavoro nero, la povertà delle famiglie, l’emigrazione dei giovani. Problemi drammatici aggravati dalla crisi economica e dall’ egoismo individuale e corporativo cresciuto in tutto il Paese, che rischiano di tagliare fuori il Mezzogiorno dai canali della ridistribuzione delle risorse trasformandolo in un collettore di voti per disegni politico-economici estranei al suo sviluppo.

Serve una rivolta etica e culturale che coinvolga tutti. La lotta alla ‘ndrangheta e alle mafie deve essere il primo investimento dello Stato per lo sviluppo del Mezzogiorno.

La lotta per la pulizia di un paese non deve essere di proprietà di singoli partiti, di singoli magistrati o esclusivamente di singoli individui. La lotta alla criminalità  è anche nostra e di tutti coloro che in democrazia lottano per un mondo migliore. Lottano contro le mafie, a volte anche per la libertà di parola, baluardo di una terra libera e democratica.

Mi pare che in Calabria qualcosa stia cambiando grazie all’impegno delle Procure e delle forze dell’ordine, ma anche grazie  all’impegno di tanti esponenti politici e cittadini in prima linea. Impegno che deve essere tradotto in atti concreti ed in proposte fattive per una lotta di contrasto che deve vederci tutti impegnati, quotidianamente ed ognuno nelle proprie realtà territoriali.

Impegni concreti sono l’interpellanza dell’On. Tassone concernente iniziative in relazione alla situazione dell’ordine pubblico in Calabria, con particolare riferimento alla operatività e alla tutela degli uffici giudiziari.

Impegni concreti sono le proposte che vengono portate in sede istituzionale per spingere progetti ed aiuti verso la nostra regione ed il mezzogiorno.

Impegni concreti sono la presa di posizione dell’on Occhiuto, che invita dirigenti locali dell’UDC a dimettersi da giunte indagate per mafia. “Occorre essere infatti garantisti, ma anche rigorosamente responsabili. In questo periodo poi, in una fase di grave emergenza nella lotta contro la ‘ndrangheta in Calabria, alla politica credo sia richiesto di essere prima rigorosa con se stessa, e solo un istante dopo garantista”

Si parla continuamente del collasso della giustizia e della drammatica situazione degli uffici giudiziari. Insomma, si parla della giustizia sempre come problema e mai come risorsa. Invece, proprio laddove come nel sud e’ piu’ difficile amministrarla, ci sono straordinari magistrati che ricordano con la loro presenza coraggiosa che le istituzioni ci sono e sono piu’ forti delle mafie. E’ evidente che da soli non possono farcela e quindi anche la politica si assuma le proprie responsabilita’ attraverso comportamenti, atti amministrativi e legislativi che non lascino da soli magistrati e forze dell’ordine”.

Nella società del Sud ci sono risorse di socialità, cultura, spiritualità, che alimentano la speranza del riscatto oltre ogni forma di rassegnazione e fatalismo, risorse che però devono essere aiutate, incentivate, non solo dai cittadini ma anche dalle istituzioni locali e nazionali. Nella società del Sud c’è volontà di cambiamento.

Aiutateci a rilanciare il nostro futuro.

“Il No alla ‘Ndrangheta si traduca, ora, in atti concreti ed in proposte fattive per una lotta di contrasto che deve vederci tutti impegnati, quotidianamente ed ognuno nelle proprie realtà territoriali”. E’ quanto affermano, a margine della manifestazione promossa ed organizzata da “Il Quotidiano della Calabria”, il Coordinatore regionale, Giuseppe Idà, e l’intero movimento giovanile dell’Udc calabrese.

“La massiccia presenza delle Istituzioni, del mondo politico, delle sigle sindacali, delle associazioni e, soprattutto, delle nuove generazioni, a Reggio Calabria, è sicuramente un ottimo ed incoraggiante segnale. La battaglia della legalità e del contrasto alla criminalità parte dalle piazze, dalle nostre città, ma deve pur sempre fare i conti con un fenomeno purtroppo ancora presente e radicato.

In questo contesto, la manifestazione dell’altro ieri, ha indubbiamente rappresentato un messaggio abbastanza chiaro: la Calabria non ci sta a subire, passivamente, il cancro della ‘Ndrangheta. Un messaggio che, è giusto ricordarlo, arriva dopo il proficuo incontro avvenuto, nei giorni scorsi, a Roma, tra il Ministro degli Interni, Roberto Maroni, ed il nostro leader, Pier Ferdinando Casini, accompagnato dai deputati Roberto Occhiuto e Mario Tassone, dalla senatrice Dorina Bianchi e dal presidente del consiglio regionale, Franco Talarico.

Nel corso del faccia a faccia, la delegazione dello Scudocrociato ha proposto, allo stesso Maroni, la predisposizione, per la Calabria, di un progetto di ampio respiro, serio e condiviso, che sotto la guida dei migliori uomini dello Stato ricerchi il sostegno dei cittadini, delle grandi organizzazioni sindacali e del tessuto imprenditoriale e sia in grado di riunire gli sforzi collettivi in un’unica direzione di contrasto alla criminalità organizzata’. Questo, senza se e senza ma, il sentiero da percorrere se, realmente, vogliamo dare un senso ed un seguito al corteo di sabato mattina, al quale abbiamo inteso prendere parte senza bandiere di partito, con il solo vessillo della lotta alla ‘Ndrangheta e della voglia inarrestabile di legalità e di giustizia”.

Giovanni Folino Resp. Comunicazione GIOVANI UDC – CALABRIA udcgiovani.calabria@libero.it

“Riceviamo e pubblichiamo” di Giuseppe Giordano

L’Italia ultimamente sta attraversando un periodo molto tribolato, sia sul piano internazionale, sia sul piano interno; sia sul piano economico, sia su quello socio-politico. E anzi, dall’alba della Prima Repubblica a oggi, le cose sono solo peggiorate.

Nel 1994, a cambiare tutto, arriva Lui: il Lucifero (non inteso come diavolo, ma come angelo bellissimo, il più bello degli angeli di Cristo), il magnifico, il potente, il liberale, l’imprenditore di successo che tutti ammalia e conquista: Silvio Berlusconi.

Berlusconi era sceso in campo per, parole sue, dare inizio alla “rivoluzione liberale” (in prosecuzione del progetto politico della P2), per salvare la patria dall’avanzata comunista (l’URSS nel frattempo si era sgretolata), per difendere le famiglie e il mondo cattolico e moderato dalla minaccia del male assoluto, ecc. ecc. ecc.

Sono passati ben 16 anni e nulla è cambiato. Ma proprio nulla! Non gli slogan, non i programmi e nemmeno lui, che anzi sembra pure più giovane. E infatti l’Italia continua a sguazzare nel mare di melma che la circonda. Le cose non sono affatto migliorate come si sperava.

Ma ormai siamo giunti al crepuscolo. Almeno sul piano politico. Un’epoca, quella del berlusconismo e della Seconda Repubblica, a mio modesto parere, sta per terminare. E infatti, proprio per questo, il clima diventa sempre più teso, insopportabile, come il sempre più aspro conflitto interno alla maggioranza di governo dimostra. E questo pessimo clima politico ovviamente si ripercuote su tutto il resto. Ma è proprio ciò che abbiamo il dovere di evitare. Ne vale della vita della Nazione-Italia e quindi del nostro futuro.

Prova di questa congettura è il dibattito che sta martellando la mente dell’opinione pubblica. Mentre impazza la crisi economica, sui giornali non si legge altro che dell’affaire-Montecarlo. Da mesi non si parla che di questo, di una vicenda che può anche avere qualche importanza politica, ma non in questo periodo di grande emergenza. E ovviamente, ieri, il fatto del giorno non poteva che essere il video del Presidente della Camera, Gianfranco Fini. Ripeto: cosa importante, sì, ma la prima pagina spettava a un altro evento, e cioè alla manifestazione che si è svolta a Reggio Calabria per esprimere la vicinanza di un intero popolo al Procuratore, Giuseppe Di Landro, e per gridare a squarciagola “NO ALLA ‘NDRANGHETA”!

Già, perché la lotta alla ‘ndrangheta non è una semplice caccia al ladro, all’assassino, allo spacciatore, al grande, grandissimo, evasore fiscale… No! La lotta alla ‘ndrangheta è una lotta di civiltà, è la rivolta di un popolo contro il suo oppressore, è il motivo, l’essenza stessa dello Stato come essere “vivente”. Hobbes scriveva che in principio gli uomini vivevano in uno stato di natura in cui ciascuno era sovrano assoluto di se stesso e di tutte le cose, era pertanto homo homini lupus e si trovava di conseguenza in condizione di bellum omnium contra omnes – guerra di tutti contro tutti -. Perciò, l’uomo viveva in costante pericolo di vita, finché non si decise tutti insieme di rinunciare alla propria assoluta sovranità, lasciandola però ad un monarca che avrebbe esercitato il suo potere per garantire la vita e la sicurezza di tutti. E fu così che nacque lo Stato.

Ora, è proprio ciò che si registra qui. In Italia, e in particolare al sud, lo Stato esiste solo sulla carta, perché in realtà il cittadino comune vive, ma in uno stato di natura, in pericolo di vita, perché sotto l’oppressione della pistola puntata alla tempia della mafia. Qui non si è liberi, perché se io voglio aprire un negozio, devo pagare una mazzetta; se io voglio dire qualunque cosa, devo stare attento a quel che dico, perché un giorno potrei fare un falò con la mia macchina (se mi va bene); se io voglio lavorare, magari alle dipendenze di un privato, che quasi certamente paga la mazzetta, altrettanto quasi certamente sarò retribuito in nero e soprattutto sarò sottopagato. Addirittura talvolta potrei essere io stesso a dover chiedere aiuto al mio oppressore, perché specie in questa fase, dove la sanità è allo sfascio, se sono malato e non ho i mezzi per curarmi, lo Stato, come detto prima, è assente, non mi assiste, e quindi, piuttosto che morire, mi rivolgo al boss che, in cambio di un mio “aiutino” quando ne avrà bisogno, mi paga eventuali viaggio, vitto, alloggio e le migliori equipe mediche.

Tuttavia quello è pur sempre il mio assassino. E’ pur sempre colui che privandomi della libertà e della libertà di pensare, di esprimermi, di agire, mi priverà della vita. Diritto alla vita e diritto alla libertà sono l’uno condizione fondamentale dell’altro: senza il diritto di vivere la propria vita, non ci può essere nessuna libertà; e se non si ha la libertà, che vita è? Da questi due diritti derivano via via tutti gli altri. Cogito ergo sum, “penso quindi sono”: se penso, se sono libero di pensare, allora vivo; se non ho questa libertà, non vivo più, è solo una vita che si brucia inutilmente. So benissimo che non era questo il senso filosofico dell’espressione di Cartesio, ma in tale contesto è così che lo voglio interpretare.

Ciò che noi vogliamo è il ritorno dello Stato, con una classe dirigente realmente rivolta all’interesse pubblico e che combatta le ingiustizie invece di crearle, per tornare a vivere e ad essere liberi. La lotta alla ‘ndrangheta è veramente l'”emergenza suprema” di Michael Walzer, è veramente uno scontro di civiltà. Lo Stato e le mafie non possono convivere. La vittoria dell’uno comporta necessariamente la morte delle altre e viceversa. O noi o loro. E se non vinciamo noi, saremo sempre schiavi, non saremo liberi e quindi non saremo vivi.

No alla ‘ndrangheta significa sì alla vita e sì alla libertà.

di Francesco Cirillo Giornalista e militante ambientalista

Perché non aderisco alla manifestazione del 25 settembre contro la ‘ndrangheta a Reggio Calabria

La ‘ndrangheta non è un entità astratta. Non è un corpo estraneo alla nostra società, alle nostre istituzioni, al nostro modo di vivere la quotidianità. La ‘ndrangheta non vive sulla Luna. La ‘ndrangheta è qui fra noi, vive con noi. E noi che viviamo in Calabria, che lavoriamo o cerchiamo di farlo, lo sappiamo benissimo, perché la vediamo. La manifestazione del 25 settembre è una manifestazione di  appoggio alle istituzioni che lottano contro la ‘ndrangheta . In linea di principio chi non sarebbe  d’accordo su un postulato simile. Tutti. Ma chiediamoci, quali istituzioni ? Non si tratta qui di mettere in mezzo la politica, i partiti, le sigle. La ‘ndrangheta non fa queste differenze. Chi appoggia i suoi interessi è amico, chi non lo fa è nemico. Trasversalmente da destra a  sinistra. Le istituzioni che dovremmo appoggiare invece fanno davvero quello che dovrebbero fare ?  Io non credo. Certo non parlo di tutte le istituzioni. So benissimo che c’è qualche maresciallo dei carabinieri, qualche capitano, qualche vigile urbano, qualche sindaco, qualche giudice, qualcuno onesto in questa terra. Ma parlo di qualcuno, non di tutti. Qui bisogna  lottare contro un esercito di armati, di assassini, di gente che non possiede  alcuna morale nè valore . Per fronteggiare tutto questo non ci vuole  l’esercito di pulcinella che vuole mandare il ministro La Russa.

Qui occorre  e basta un esercito di persone oneste, che in Calabria ci sono, esiste, ma che sono state messe da parte perchè non fanno parte di partiti, di logge massoniche, di famiglie che contano, di camarille clientelari, di portaborse di sindaci, di quella borghesia ricca che vive a Cosenza, Catanzaro , Reggio e che ha la villa a mare, il cottage in montagna, la casa a Roma per il figlio che studia. E’ di questo che bisogna parlare è da questo che bisogna partire.   Quando vedo affari ‘nadranghetisti nel ciclo del cemento esistente in Calabria e che frutta milioni di euro al riciclaggio mafioso non credo che le istituzioni abbiano fatto il loro dovere. L’abusivismo , quello di massa, quello che vediamo sotto gli occhi di tutti e crediamo che sia abusivismo, qui non esiste.

E’ abusivismo legalizzato, credi che sia abusivo ma poi se vai a vedere le carte depositate nel comune è tutto a posto. Vedi costruire sulle scogliere, sulle colline con uliveti, lungo la linea ferroviaria, lungo le spiagge, sui demani fluviali e comunali e di stato, e credi che non sia possibile farlo. Poi vai a controllare e trovi l’autorizzazione della soprintendenza dei beni ambientali, di quella archeologica, della forestale, del genio civile, dell’ufficio tecnico comunale, della provincia, della regione, dell’asl . E’ tutto a posto.

Il mafioso non ha bisogno di fare abusivismo perché ha la persona giusta al posto giusto. La vota per questo, per tutelare i suoi affari, e se non lo fa, fa la fine di Valarioti  a Rosarno , di Losardo a Cetraro, di Vassallo a Pollica e di tanti altri che non hanno voluto firmare delibere, fare ordinanze di demolizione, fare consigli comunali contro le famiglie ‘ndranghetiste.

I sequestri che vedo sono quelli fatti ad un contadino che ha aperto una finestra, che ha fatto una scala esterna, al pescatore che ha fatto una solettina di cemento sotto il suo chiosco a mare, al cittadino che non ha rispettato le misure del sottotetto per 30 cm. Su queste cose vedo processi a non finire nelle preture e vedo muoversi vigili e tecnici comunali a testimoniare ed a perdere ore importanti del loro lavoro. Alberghi interi enormi, maestosi, villaggi turistici, grandi campeggi con bungalow, ville , attività imprenditoriali con tanto di finanziamento pubblico, super mercati di grandi catene,  restano tutte lì, lungo i fiumi, sulle verdi colline sbancate, sulle spiagge del demanio, indisturbate, anzi  vengono anche inaugurate con tanto di vescovo, sindaco ed autorità al seguito.

Le istituzioni calabresi sono marce dalla testa ai piedi. Questa è la verità e lo sappiamo tutti. Ce lo diciamo sempre, ce ne lamentiamo e poi però al momento giusto sfiliamo con loro, baciamo le loro mani, ci inchiniamo al loro passaggio.  Sono marce perché infiltrate da anni di acquiescenza con il fenomeno ‘ndranghetista, anni di non fare niente, anni di parole e solo parole, anni di fatti ed atti mancati che hanno reso eroi semplici cittadini che invece avrebbero dovuto essere difesi, anni di manifestazioni contro il nulla. Perché non si dice come ha fatto la ‘ndrangheta a mettere una bomba sotto casa del Procuratore Di Landro. Ci voleva la fata Morgana ( che vive tra Reggio e Messina ) a sapere che il Procuratore fosse un   obiettivo della ‘ndrangheta per le sue inchieste e che peraltro aveva già avuto degli avvertimenti e minacce ?

Quando muore un operaio sul lavoro, la magistratura stabilisce subito le responsabilità di chi non ha provveduto alla sua sicurezza ed immediatamente emana avvisi di garanzia per coloro che non vi hanno provveduto. Lo stesso non avviene in questi casi .  Se c’è un Prefetto, un questore, un sindaco, una commissione sull’ordine pubblico, è perché questi hanno il dovere di tutelare chi lavora. Un giudice che lavora contro la ‘ndrangheta è come un operaio e va quindi tutelato nella sua sicurezza. Ma questi invece sfileranno insieme a tutti, contro la ‘ndrangheta.

Perché non si dice quali siano gli affari della ‘ndrangheta reggina e della piana di Gioia tauro ? Le famiglie si affannano a prevalere l’una sull’altra  per qualche tangente, per qualche partita di droga  o per l’affare del secolo ? E cioè il ponte sullo stretto. Perché si ha paura di parlare del ponte sullo stretto? Eppure tutti sanno di quanto questa opera servirà alle ‘ndrine locali per ottenere  l’appalto del movimento terra, del cemento per i piloni, per i camion da trasporto , per le enormi discariche e tutto quello che produrrà l’indotto.

Eppure “Presa diretta” la vedono tutti, e tutti hanno visto come funziona la ‘ndrangheta. Si ha paura di parlarne  perchè si ha paura di  mettere in discussione l’opera faraonica del nostro faraone imprenditore presidente del consiglio ? perché non si parla degli affari della ‘ndrangheta nel traffico di rifiuti tossici e nelle discariche. Abbiamo già digerito la nave Cunsky e tutti ci siamo bevuti le dichiarazioni contraddittorie della Ministro Prestigiacomo e del Procuratore anti mafia Grasso ? Abbiamo già dimenticato le navi a perdere in tutto il mediterraneo, i rifiuti tossici sotterrati lungo il fiume Oliva ad Amantea, o quelli messi nelle case a Crotone, o quelli sotterrati a Cassano?

Chi le ha messe, come è stato possibile se non con l’avallo delle istituzioni, di assessori regionali, di magistrati che ne hanno archiviato le carte, che ne hanno spostato la sede giudiziaria. Il più grande processo che si sarebbe dovuto svolgere in Calabria,  e che sarebbe servito da esempio a tutta la ‘ndrangheta calabrese, quello sulle ferriti di zinco partite dalla Pertusola di Crotone e sotterrate sotto le campagne di Cassano e di tutta la sibaritide, parliamo di 35 mila tonnellate di ferrite di zinco , con arresti su tutta la filiera dei responsabili , dall’assessore regionale al camionista e ruspista delle ditte compiacenti, è finito con una archiviazione ed ora le stesse bonifiche dei luoghi stanno finendo in mani di famiglie malavitose.   Si ha paura di scendere sulla terra invece di pensare alla ‘ndrangheta sulla luna .

La ‘ndrangheta si combatte davvero se si  ripulisce e si vince  proprio partendo dalle istituzioni, dai partiti, dalle massonerie.  Se la gente, la cosiddetta società civile vedrà questa rivoluzione, questo rinascimento calabrese, questa lotta vera e reale, scenderà da sola in piazza, senza essere chiamata da un quotidiano, da un partito o da una sigla qualsiasi.

Si svolgerà domani 25 settembre, a Reggio Calabria, la manifestazione contro la ‘ndrangheta e di solidarietà ai magistrati reggini promossa dal Quotidiano della Calabria. Un modo per testimoniare la vicinanza a chi opera in prima linea contro la criminalità, ma anche un’occasione per aprire un confronto sui calabresi che vogliono assumersi le proprie responsabilità per arginare la mentalità mafiosa.

La criminalità organizzata, ormai ramificata in tutto il Paese, «non può e non deve dettare i tempi e i ritmi dell’economia e della politica meridionali, diventando il luogo privilegiato di ogni tipo di intermediazione e mettendo in crisi il sistema democratico del Paese, perché il controllo malavitoso del territorio porta di fatto a una forte limitazione, se non addirittura all’esautoramento, dell’autorità dello Stato e degli enti pubblici.

L’appello è a tutti i movimenti giovanili, politici e non, affinché aderiscano alla manifestazione di domani 25 settembre.

Lo sviluppo dei popoli si realizza non in forza delle sole risorse materiali di cui si può disporre in misura più o meno larga, ma soprattutto grazie alla responsabilità del pensare insieme e gli “uni per gli altri”.

Prendiamoci per mano e costruiamo insieme il nostro futuro. No ‘Ndrangheta!