Il bene comune,  è molto più della somma del bene delle singole parti, il paese non crescerà se non insieme. Per risolvere la questione meridionale, è necessario far crescere il senso civico di tutta la popolazione, ricostruire la “necessaria solidarietà nazionale”, ma è anche urgente “superare le inadeguatezze presenti nelle “classi dirigenti”. E’ quanto afferma il nuovo documento dei vescovi italiani su “Chiesa e mezzogiorno”, diffuso Mercoledì.

Lo sviluppo dei popoli si realizza non in forza delle sole risorse materiali di cui si può disporre in misura più o meno larga, ma soprattutto grazie alla responsabilità del pensare insieme e gli “uni per gli altri”.

QUESTIONE  MERIDIONALE:

Nell’attuale crisi politica e sociale, il Sud dell’Italia rischia di essere “tagliato fuori” dalla ridistribuzione delle risorse, e ridotto ad un “collettore di voti per disegni politici ed economici estranei al suo sviluppo. A muovere la riflessione dei vescovi è la «constatazione del perdurare del problema meridionale» che oggi, come vent’anni fa, chiama la Chiesa italiana agli «ineludibili doveri della solidarietà sociale e della comunione ecclesiale».

FEDERALISMO FISCALE:

Le «genti del Sud» siano «le protagoniste del proprio riscatto, ma questo non dispensa dal dovere della solidarietà l’intera nazione”. La prospettiva di riarticolare l’assetto del Paese in senso federale costituirebbe una sconfitta per tutti, se il federalismo “accentuasse” la distanza tra le diverse parti d’Italia. Potrebbe invece rappresentare un passo verso una democrazia sostanziale, se riuscisse a contemperare il riconoscimento al merito di chi opera con dedizione e correttezza all’interno di un “gioco di squadra”.

CAMBIAMENTI:

In Italia, è cambiata la geografia politica, con la scomparsa di alcuni partiti e la nascita di nuove formazioni.

L’avvio di un processo di privatizzazioni delle imprese pubbliche, il venir meno del sistema delle partecipazioni statali e la fine dell’intervento straordinario della Cassa del Mezzogiorno, di cui non vogliamo dimenticare gli aspetti positivi, hanno determinato nuovi scenari economici. La realtà del Sud, scrivono i vescovi, è quella di uno «sviluppo bloccato» dove gli aiuti che arrivano veicolati attraverso nuovi strumenti e competenze a livello locale , sopratutto regionale  non sempre “aiutano” davvero, “resta da verificare se e come queste risorse siano state effettivamente utilizzate”.

ELEZIONE DIRETTA AMMINISTRATORI NON HA DATO BENEFICI:

Il cambiamento istituzionale provocato dall’elezione diretta dei sindaci, dei presidenti delle province e delle regioni, non ha scardinato meccanismi perversi o semplicemente malsani nell’amministrazione della cosa pubblica, né ha prodotto quei benefici che una democrazia più diretta nella gestione del territorio “avrebbe auspicato”.

GLOBALIZZAZIONE:

Il contrastato e complesso fenomeno della globalizzazione dei mercati ha portato benefici ma ha anche rafforzato egoismi economici legati a un rapporto rigido tra costi e ricavi, mutando profondamente la geografia economica del pianeta e accrescendo la competizione sui mercati internazionali.  L’allargamento dell’Unione europea ha posto il Mezzogiorno di fronte a nuove opportunità ma anche a rischi inediti: da un lato, ha permesso l’accesso a canali finanziari e commerciali più ampi, dall’altro ha accresciuto la concorrenza, a causa dell’ingresso massiccio di Stati a basso reddito medio, più attraenti per le imprese in ragione del “minor costo della manodopera”.

LE CATENE, LA MAFIA, IL CANCRO DA ESTIRPARE

La criminalità organizzata, ormai ramificata in tutto il Paese, «non può e non deve dettare i tempi e i ritmi dell’economia e della politica meridionali, diventando il luogo privilegiato di ogni tipo di intermediazione e mettendo in crisi il sistema democratico del Paese», perché il controllo malavitoso del territorio porta di fatto a una forte limitazione, se non addirittura all’esautoramento, dell’autorità dello Stato e degli enti pubblici”. Non è possibile mobilitare il Mezzogiorno senza che esso si liberi da quelle catene che non gli permettono di sprigionare le proprie energie”, per questo la Cei condanna “con forza” una “delle sue piaghe più profonde e durature”, un vero e proprio “cancro”: la mafia.

DISOCCUPAZIONE, LAVORO, RISORSE:

La disoccupazione tocca in modo preoccupante i giovani e si riflette pesantemente sulla famiglia, “cellula fondamentale della società”.  Il problema del lavoro, soprattutto giovanile, è attraversato da una “zona grigia” che si dibatte tra il non lavoro, il “lavoro nero” e quello precario; ciò causa delusione e frustrazione e allontana ancora di più il mercato del lavoro del Sud dagli standard delle altre aree europee. Il flusso migratorio dei giovani, soprattutto fra i venti e i trentacinque anni, verso il Centro-Nord e l’estero, è la risultante delle emergenze sopra accennate. Oggi sono anzitutto figure professionali di livello medio-alto a costituire la principale categoria dei nuovi emigranti. Questo cambia i connotati della società meridionale, privandola delle risorse più importanti e provocando un generale depauperamento di professionalità e competenze, soprattutto nei campi della sanità, della scuola, dell’impresa e dell’impegno politico.

EDUCAZIONE:

Le metamorfosi sociali ed economiche che si sono attuate anche nel Mezzogiorno hanno reso sempre più incerto sia il senso della socialità sia quello della legalità. Il deficit di senso della socialità «ha prodotto tendenze egoistiche, gonfiando il catalogo dei diritti e delle pretese dei singoli, esaltando l’individualismo, lasciando in ombra i doveri, le relazioni, le responsabilità. L’indebolimento del senso di legalità, poi, «ha prodotto un inquinamento esteso e profondo che investe non soltanto la devianza penale, ma la stessa cultura delle regole di una convivenza ordinata. Questa analisi rimane tuttora valida, così come la proposta di rilanciare un serio e vigoroso processo educativo, destinato specialmente ai giovani, perché siano formati a dare un contributo qualificato alla società. Un ruolo educativo particolare riveste la famiglia e, al suo interno, in particolare la presenza tradizionale e ricca di sapienza della donna.

A maggior ragione ci sentiamo provocati dalla sfida educativa sul versante intraecclesiale della catechesi. Questa pure, nelle parrocchie e in ogni realtà associativa, va ripensata e rinnovata. Essa dev’essere dotata il più possibile di una efficacia performativa: non può, cioè, limitarsi a essere scuola di dottrina, ma deve diventare occasione d’incontro. Da essa dipende non soltanto la corretta ed efficace trasmissione della fede alle nuove generazioni, ma anche lo stimolo a curare e maturare una qualità alta della vita credente negli adolescenti e nei giovani. In questo quadro trova spazio l’esigenza di ripensare e di rilanciare le scuole di formazione sociale e politica, come pure le iniziative di formazione comunitaria intensiva.

SUPERARE MENTALITA’ INOPEROSA E RINUNCIATARIA

Le risorse “preziose” del Sud “stenteranno a sprigionarsi fino a quando gli uomini e le donne del Sud non comprenderanno che non possono attendere da altri ciò che dipende da loro”. “Va contrastata – scrivono i vescovi nel nuovo documento sulla situazione del Sud – ogni forma di rassegnazione e fatalismo”. “Una mentalità inoperosa e rinunciataria può rivelarsi un ostacolo insormontabile allo sviluppo, più dannoso della mancanza di risorse economiche e di strutture adeguate”, rimarca la Cei spiegando – nell’invito al coraggio e alla speranza, contenuto nel documento – che “per le comunità cristiane e per i singoli fedeli un atteggiamento costruttivo rappresenta lo spazio spirituale entro cui progettare e attivare ogni iniziativa pastorale per crescere nella speranza”. “Vorremmo consegnarvi – aggiungono i vescovi – quel tesoro di speranza e di carità che è già all’opera per la potenza dello Spirito nelle nostre Chiese, contrassegnate da una ricchezza di umanità e di ingegno, cui deve corrispondere una rinnovata volontà di dedizione e un più convinto impegno”.